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Le fortificazioni militari

Il monumento storico-militare di maggior fascino presente nell'area del Parco Naturale Regionale di Porto Conte è indubbiamente la ex Batteria "Sr. 413" di Punta del Giglio ("Sr" sta per Sardegna, laddove questa sigla indicava genericamente le batterie sarde poste al di fuori dei Settori e Zone Militari Marittime), costruita tra le due guerre dalla Regia Marina, sebbene posta alle dipendenze della 204ª Divisione Costiera durante il conflitto. In un documento redatto dalla Direzione Autonoma del Genio Militare per la Regia Marina della Maddalena(Marigenimil La Maddalena), in data 26 dicembre 1939, si richiedeva a Marigenimil Roma la possibilità di acquistare 30 ettari di terreno all'Ente Ferrarese di bonifica, proprietario dei fondi. L'acquisto del terreno, esteso dal mare sino alla sommità di Quota 108, avrebbe permesso di mettere la batteria al sicuro da sguardi indiscreti e avrebbe limitato il pericolo di incendi, eventualità già verificatasi in precedenza "per la presenza di pastori". Nel territorio dell'Ente Ferrarese si coltivava la palma nana, utilizzata per la produzione di sedie, corde e materiale similare. Nei periodi di raccolta, si verificava una intensa presenza di personale civile anche a ridosso dell'impianto militare. Il 23 gennaio 1940 lo Stato Maggiore della Regia Marina rispose bloccando di fatto l'acquisto di una così vasta superficie, ma fornendo il nulla osta per la realizzazione di "un muro a secco alto m. 1,50, con opportuna copertina". La Direzione Marigenimil Roma puntualizzò, il 3 febbraio 1940, che era eccessiva la richiesta di acquistare 30 ettari di terreno all'Ente Ferrarese, riducendo l'area adeguatamente ed esclusivamente alle necessità della batteria. Inoltre, dovevano essere tenute presenti le concessioni gratuite dell'Ente Ferrarese e la libertà di transito lungo la strada militare che, distaccandosi dalla camionabile per Porto Conte, conduceva alla "Sr. 413". Nel perimetro della batteria sorgeva l'antica Torre del Giglio (Torre del Liiri; Torre di Liri), risalente alla prima metà del 1500 ma verosimilmente non più in uso già nel XVIII secolo. L'organico di servizio alla "Sr. 413" era composto da 2 ufficiali, 5 sottufficiali e 60 marinai. L'organico teorico comprendeva inoltre 1 sottufficiale e 14 marinai della "riserva 25%" per un totale quindi di 72 uomini. La batteria era armata con quattro cannoni da 102/35 su affusto fisso a piedistallo navale con elevazione 35° e disponeva delle infrastrutture tecniche e logistiche necessarie al tiro ed ai bisogni quotidiani del personale militare in servizio: manufatto della direzione di tiro, alloggiamenti per la truppa, sottufficiali e ufficiali, una pompa con annesso casotto, alcuni depositi ed una piccola autorimessa. Il cannone Schneider–Ansaldo da 102/35 era un pezzo risalente alla Grande Guerra 1915-18 ma vantava ancora buone prestazioni. Fu prodotto anche dalla Vickers Terni tra il 1914 ed il 1919 per Esercito e Marina. Nel 1940 era una delle principali artiglierie fisse contro naviglio leggero e contraerei in carico alla Regia Marina e alla MILMART. Largamente disponibile, equipaggiava ancora alcune unità navali ausiliarie, pontoni armati ed autocannoni. Erano disponibili ben sei tipi di affusto diversi, per tiri antinave o a doppio compito. Il proietto da 102 pesava 15 Kg, ed il pezzo, con personale ben addestrato ed affiatato, consentiva una celerità di tiro di 7-8 colpi al minuto. Nel tiro contraereo l'ordinata massima raggiungibile era di circa 9500 metri, mentre nel tiro navale la gittata massima era di 12 chilometri,tale da coprire agevolmente gli ingressi alla rada di Porto Conte, Alghero e un ampio settore del litorale compreso tra Capo Caccia e Capo Marargiu. Ciascun pezzo da 102 era imbullonato ad una piazzola di cemento. Ciascuna piazzola disponeva di due riservette per la conservazione delle munizioni di riserva, del materiale di rispetto ed accessori in dotazione al cannone e quello necessario al servizio antincendio. Le munizioni di pronto uso erano accantonate ai lati della piazzola stessa, in nicchie ancora oggi ben visibili, chiuse e protette da sportelli metallico. Tutti i pezzi erano in comunicazione via filo con il comando della batteria, i sottufficiali capi-pezzo ricevevano ordini e le coordinate di tiro in cuffia o mediante megafono, in caso di interruzione delle linee. L'organico della squadra era composto per ciascun cannone da 102/35 da un sottufficiale capo pezzo, due puntatori (direzione ed elevazione), un graduatore di spoletta, un addetto all'otturatore, un caricatore addetto all'introduzione della cartuccia, un caricatore addetto alla presentazione della cartuccia per la graduazione di spoletta, un addetto al calcatoio. La linea pezzi era alle dirette dipendenze del comandante il seconda della batteria. Per la manovra dei quattro pezzi erano quindi necessari 1 ufficiale subalterno, 4 sottufficiali, 8 specializzati e 20 serventi. La centrale di tiro, in casamatta di calcestruzzo e cemento armato, era equipaggiata con un telemetro San Giorgio da 1,5 metri di base ed una centrale di tiro tipo G. Il personale addetto alla direzione del tiro era inoltre dotato di tutta una serie di strumenti per il calcolo speditivo dei parametri di tiro e per le comunicazioni, quali ad esempio un barometro, un anemometro, una pistola da segnalazione Very, megafoni ecc. L'organico del servizio alla centrale contava 3 sottufficiali e 5 marinai. Di questi un sottufficiale telemetrista di 1° classe (stereotelemetrista), due marinai puntatori di 2° classe (in direzione ed in elevazione), due sottufficiali SDT di 1° classe (addetti alla tavole ed alle distanze), due marinai SDT di 2° classe (addetti ai controscarti orizzontali e verticali) ed un marinaio addetto alla trasmissione ordini. Altro personale si occupava del servizio alle trasmissioni, al servizio vigilanza e manutenzione (agli ordini di un maresciallo guarda-batteria), al servizio alle munizioni ed a quello sussidiario (contabilità, sanità e difesa chimica e servizi vari). Del Comando di Batteria facevano infine parte il comandante ed un marinaio trombettiere con qualifica di ciclista/ guida di collegamento. Alla data del 10 aprile del 1942 il comandante della batteria era il Capitano del Corpo Reale Equipaggi Giovanni Battista Pinna. Oltre al munizionamento illuminante in dotazione ad una delle riservette, per il tiro notturno era in servizio una fotoelettrica, la cui postazione era stata ricavata nei pressi della piazzola del IV pezzo. Altre due fotoelettriche del Regio Esercito, presenti in zona, erano in grado di intervenire in caso di allarme: la 228° Stazione Fotoelettrica da 120cm e la 184°Stazione Fotoelettrica da 60cm. Ambedue, agli ordini del tenente Enrico Marcucci, dipendevano dal 394° Battaglione Costiero di Alghero. L'unico evento di rilievo in cui fu coinvolta la batteria di Punta Giglio avvenne la notte tra il 31 luglio ed il 1 agosto del 1941. Favoriti dall'oscurità due moderni cacciatorpediniere inglesi "Cossack" e "Maori", della numerosa Classe "Tribal", appartenenti alla "Forza H" di Gibilterra, si presentarono a breve distanza dalla costa e dalla batteria. Le due grosse siluranti aprirono il fuoco su Monte San Giuliano e sulle colline che dominano Torre Nuova. La batteria non rispose al fuoco, nonostante fosse stato dato l'allarme e i serventi fossero pronti ai pezzi. Giudicato dalla Corte Marziale, l'allora Comandante fu assolto poiché non aveva ricevuto l'autorizzazione al fuoco da parte del suo Comando superiore. La batteria fu ceduta al Regio Esercito il 27 ottobre 1943, assumendo la denominazione di 270ª batteria da posizione costiera. A quella data, oltre ai pezzi, erano presenti in sito anche una mitragliera Scotti – Isotta Fraschini da 20/70 Mod.1941 e due mitragliatrici Breda Mod.1937 calibro 8 mm per la difesa ravvicinata. Nel 1943, con il nemico ormai alle porte e il pericolo imminente di invasione del territorio nazionale mediante sbarchi su vasta scala lungo le coste italiane, gli Stati Maggiori delle Forze Armate decisero di rinforzare il più possibile la difesa dei litorali più minacciati facendo ricorso a tutto il materiale bellico disponibile o in via di introduzione. Allo scopo di rinforzare ulteriormente la difesa antinave della zona di Alghero- Porto Conte lo Stato Maggiore della Regia Marina decise di costruire ex novo a Punta Poglina di Alghero, in regime di emergenza, una batteria a carattere provvisorio con fondazioni in calcestruzzo armata con quattro pezzi da 135/45 Modello 40 montati su torrette da completarsi entro il settembre 1943. Molti di questi modernissimi complessi, ordinati in una sessantina di esemplari per soddisfare le esigenze degli ambiziosi programmi navali, poi cancellati per il cattivo andamento delle operazioni belliche, erano in avanzato stato di approntamento presso le officine della Odero Terni Orlando di Spezia e furono destinati alla difesa costiera della penisola. L'ultimo documento relativo ai 4 pezzi destinati a Punta Poglina, inquadrati nella costituenda seconda batteria, delle tre destinate alla Sardegna, risultano completati e pronti in officina a luglio 1943 e non risulta, per i successivi ritardi e per il sopravvenuto armistizio, che siano poi effettivamente mai spediti o giunti in Sardegna. Il pezzo da 135/45 aveva prestazioni notevoli: poteva sparare un proietto ordinario o perforante del peso di circa 32 kg ad una distanza massima di 19600 metri con una cadenza di tiro di 6/7 colpi al minuto. Nei pressi della Batteria, precisamente a Capo Bocato (Quota 91), la ricognizione aerea alleata individuò, nel maggio 1943, il sito di un radar tedesco tipo Freya per la ricerca aerea. Il radar era posizionato su un basamento di 10 metri ed era difeso da due mitragliatrici. Nelle pertinenze del Parco, o immediatamente ai suoi confini, si trovano numerosi capisaldi fortificati dell'arco di contenimento Alghero-Monte Doglia-Porto Ferro, oltre a nidi di mitragliatrice su spiaggia della linea di osservazione, allarme e prima difesa. Si tratta di un complesso di strutture per le quali, oltre all'osservanza di quanto disposto dalle Norme nazionali e regionali in materia di Beni Culturali, è auspicabile una celere opera di valorizzazione. Partendo da est, troviamo il caposaldo XVIII di Nuraghe Fighera, il XIX a cavallo della strada per l'Aeroporto, il XX in regione Nuraghe Giorba, il XXI alle pendici est di Monte Palmavera, il XXII e XXIII a cavallo di Cantoniera Pera Ponte, il XXIV in regione Nuraghe Palmavera-pendici Monte Des Daus, il XXV a Monte Giu de Sa Domu, il XXVI a Monte Pedrosu. L'arco di contenimento proseguiva, quindi, in direzione di Guardia Grande, Lago Baratz e Porto Ferro. Le strutture campali o permanenti della prima linea, di vigilanza e allarme, erano scaglionate sulle spiagge: Punta Negra, Torre Lazzaretto, Porto Agra, Punta del Cerchio, litorale Torre Nuova - Sant'Imbenia, Punta Dentul, Torre Tramariglio e Porto della Calcina. I Posti di Osservazione Costiera (P.O.C.) erano attivi a Capo Galera, Faro Capo Caccia, Torre della Pegna, Punta del Gallo e Torre Bantine Sale. Le postazioni e gli sbarramenti erano organizzati "a caposaldo", ovvero con una disposizione tale da consentire la resistenza ad oltranza a giro d'orizzonte, anche se il nemico fosse riuscito a superare la linea. I comandanti di caposaldo firmavano infatti il documento contenente la consegna: "In presenza della truppa del presidio, schierata in armi, Vi investo oggi del comando del caposaldo costiero di ... con la consegna di difendere fino all'estremo. Il presidio del caposaldo, affidato al Vostro onore di soldato anche attaccato da forze soverchianti, circondato, ridotto negli effettivi e nei mezzi non retrocede, soccombe ma non si arrende". A distanza di tanti anni, sarebbe auspicabile una sinergia per il recupero non solo del complesso della Batteria di Punta Giglio, che appare non semplice e relativamente oneroso, ma anche per la valorizzazione di almeno uno dei capisaldi fortificati, al fine di realizzarvi un "memoriale" per turisti e scolaresche, oltre ad eventi legati alle specificità economiche del territorio e al circuito turistico - culturale della rievocazione storica.

 

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